giovedì 27 dicembre 2018

Profusione di parole


Da quando ne ho memoria e consapevolezza le parole per me hanno avuto sempre una importante rilevanza. L’esempio più banale riguarda le promesse che mi venivano fatte da piccolina dai miei genitori, fino ad arrivare alle frasi di amici o persone a me vicine. Ricordo che tutti mi dicevano che ero troppo credulona e in effetti, era vero! Ero semplicemente convinta che tutto ciò che mi venisse detto rappresentasse una verità; insomma perché mai avrebbero dovuto raccontare ad un piccolo scricciolo un fatto non vero?


Crescendo, dopo aver realizzato che Topolinia non esiste davvero e aver imparato la differenza tra personaggio reale e di fantasia, di quella mia parte un po' ingenua è rimasta una convinzione salda come una roccia: le parole sono importanti e devono essere pesate. La conseguenza diretta di questa mia certezza è stata quella di autoconvincermi che questo principio fosse imprescindibile per tutti gli altri esseri umani del pianeta. Avevo del tutto sbagliato ad interpretare la scena del film “Palombella rossa” dove Nanni Moretti urla, furioso, contro una giornalista. Inutile starvi a raccontare le tante delusioni a cui ho dovuto far fronte!

Negli ultimi tempi, grazie a esperienze private e grazie anche alla classe politica che al momento si trova al governo, credo di aver realizzato un level up riguardo l’argomento ed ecco perché mi trovo qui a scriverne.
Le persone, quelle che ci circondano e che fanno parte del nostro vivere quotidiano, mentono tutte... fa parte della natura umana. Ad ogni modo, ci sono quelli che ti dicono cose e fanno promesse per raggiungere un loro scopo preciso o anche solo per liberarsi di te: io li definisco molto amabilmente e in maniera del tutto elegante stronzi ma possono anche essere identificati come ipocriti e menefreghisti. Ci sono, poi, i buoni, quelli che usano le bugie solo quando è strettamente necessario perché magari hanno altro per la testa o perché talvolta si ha diritto alla propria solitudine o alla tutela della propria realtà. Bene! Come si fa a classificare una persona in una delle due categorie? Chi è il buono e chi è il cattivo? Credo di aver trovato una risposta seppur io sia comunque in balia della totale instabilità della vita.

La soluzione, come sempre, è dentro di noi e ci impiega un tempo adeguato ad uscire fuori e rivelarsi (Osho me fa un baffo!). L’illuminazione mi è venuta, guarda un po’, leggendo un libro. Nello specifico “La terra dei figli” di Gipi.
Questa graphic novel narra di due fratelli e di un padre, calati in un mondo post apocalittico in cui tutto sembra perduto ed irrecuperabile, eppure, per tutta la lettura, permane una continua sensazione che fa pensare ad una prossima rinascita del genere umano. Un libro carico di significati, più lo si legge, più si trova un nuovo punto di vista con cui interpretare l’opera. Si parte dal tema dell’incomunicabilità tra genitori e figli e si arriva alla descrizione nuda e cruda di come è l’uomo privato delle sue comodità e sopraffatto dagli istinti, fino anche a come esso tenda irrimediabilmente ad oscillare tra il bene ed il male.

Ma cosa c’entra tutto questo con quanto detto prima? È una storia che è quasi priva di parole; i dialoghi sono pochi e sgrammaticati e a prevalere è il tratto scarno, impreciso e bianco forse per sottolineare la mancanza di ideali e di sentimenti positivi nel mondo narrato da Gipi. Leggendo “La terra dei figli” si provano un sacco di emozioni contrastanti - ansia, paura, pietà, ribrezzo e malinconia - senza che a causarle siano le parole bensì le immagini e le azioni dei personaggi. Altra caratteristica importante ai fini del mio discorso, è che per tutto il libro i due fratelli, analfabeti, dimostrano una continua ossessione per un diario compilato dal padre; vogliono sapere cosa c’è scritto perché pensano che lì sia celata la verità del loro rapporto con il genitore, così perdendo di vista i suoi gesti d’amore involontari.

Che cosa intendo dire con questo? Ho realizzato che, forse, è meglio concentrarsi sui gesti (anche piccoli*) che le persone compiono nei nostri confronti perché il fare comporta più dispendio di energie rispetto al dar aria alla bocca. Sarà un ragionamento molto più egoistico rispetto al solito e forse mi direte anche banale (brava Martì hai scoperto l’acqua calda!), ma ultimamente mi capita di scegliere in questa maniera le persone di cui circondarmi perché sento che dimostrano la stima e l’affetto che ho sempre ricercato in un rapporto di amicizia: basta a chi mi dice belle frasi ma poi si perde nelle onde del mare.                              Dal canto mio ritengo ancora che le parole abbiano una certa importanza altrimenti non sarei qui a scrivere sul blog! Meglio ancora se esse sono rinchiuse tra un piatto anteriore ed uno posteriore rivestiti da una sovraccoperta! Ma anche in questo caso, mi capita, ultimamente, di prenderle più a cuor leggero e sorprendentemente ci si gode di più la lettura. Altre volte ancora, presto bene attenzione alla scelta dei termini giusti per descrivere un mio stato d’animo o una mia idea, ma solo ed unicamente quando ritengo che il mio interlocutore meriti questa accortezza: prima lo facevo con tutti e lo stesso venivo fraintesa!

Quasi non ci credo di aver terminato di scrivere questo articolo che era in cantiere da inizio Novembre!!! Scommetto che quasi non ci credete neanche voi di essere arrivati alla fine di questo mio discorso un po’ troppo disorganico, mi sa che qualcuno ha abbandonato prima la nave… vi chiedo scusa ma andava fatto!

Mi sembra scontato consigliarvi di leggere la Graphic novel che ho citato, quindi anche per questa volta…
Buona lettura,
Marty


*NB: con la parola gesti faccio davvero riferimento a piccole azioni e anche “non azioni” come ad esempio sono, per me, determinati sguardi… lo so, faccio fatica anche io ad essere me stessa!😅

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