venerdì 2 febbraio 2018

#Genmaicha - Sette minuti dopo la mezzanotte


L’altra sera alle 12:30 ero tra le mie lenzuola immersa nella lettura, quando ad un tratto sento un rumore simile ad un ramo che si spezza, impaurita mi alzo dal letto vado nel corridoio di casa e…
                                                          
...niente, era mia sorella che, per non svegliare nessuno, non aveva acceso la luce, ragion per cui è andata a sbattere contro il tavolino del salotto! Il mostro che si presenta a Conor in “Sette minuti dopo la mezzanotte” non ha mai camminato per me, purtroppo! Ho letto prima il romanzo di Patrick Ness, nato da una idea dell’autrice Siobhan Down, poi qualche giorno dopo averne terminata la lettura, ho scoperto l’esistenza del film e mi son precipitata a guardarlo! Si tratta di una storia di formazione e, in effetti, il romanzo è principalmente indirizzato ai ragazzi ma consiglio l’approccio a questa lettura/visione del film anche agli adulti perché è molto più maturo di ciò che ci si aspetta!
“Le storie sono fra tutte le cose le più selvagge, tuonò il mostro. Le storie inseguono, predano e mordono.”
Lascia una forte impronta nel nostro cuore perché affronta tantissimi temi tra cui la malattia, il bullismo, la solitudine, l’amore ma, a mio avviso, l’insegnamento più bello e importante riguarda il saper imparare a dire la verità. Da bambini ci viene sempre detto che non bisogna dire agli altri le bugie, quello che, invece, insegna questa storia, è di non mentire mai a sé stessi, anche quando la verità è scomoda e difficile da accettare, occorre affrontarla con forza e coraggio.         
Verità… un termine strausato, viene talmente tanto adoperato che talvolta si perde il suo valore, invece questo libro mi ha ricordato quanto sia necessario essere limpidi con gli altri ma principalmente con sé stessi. Ecco, ora questo post vi sembrerà la sagra dell’ovvio e, forse, può essere che io abbia spesso idee antidiluviane, ma nel quotidiano mi capita di far caso alla decadenza di determinati principi che dovrebbero essere, secondo me, le peculiarità dell’uomo, e allora non riesco a trattenermi dal sottolineare ulteriormente ciò che è già stato evidenziato e marcato tempo fa da scrittori, poeti e filosofi. (Sant’uomini!) Riflettendo su questa scia, una frase, tratta da “La regola dell’equilibrio” di Gianrico Carofiglio, ha continuato a gironzolarmi in testa e mi pare quanto mai adatta all’occasione:
“La salute mentale consiste nel trovare un punto di equilibrio fra verità e menzogna. Pensare di dovere - e di potere – dire sempre la verità è un’allucinazione da dementi. In parte hai ragione. Mentire al prossimo spesso è etico, e sano, e sovente l’eccesso di sincerità nasconde – o esibisce? – le peggiori intenzioni. Mentire a sé stessi, però, è tutta un’altra cosa. Può capitare, a volte è necessario per sopravvivere, però se diventa una regola è solo un modo per divorziare dalla realtà, per proteggersi dal mondo, per non farsi raggiungere. Ma tanto il mondo e la realtà prima o poi ti raggiungono.”


Connor, il protagonista, tenta di sfuggire in tutti i modi al suo incubo (la verità) ma il mostro Tasso dapprima gli insegna a scovarla dietro le apparenze e i pregiudizi (gli racconta tre storie) e in seguito gli infonde la forza di raccontare la sua storia del vero!
 “Non sempre c’è un buono. Come non sempre c’è un cattivo. La maggior parte delle persone è una via di mezzo fra le due cose.”



Se la lettura del libro mi ha stravolta lasciandomi in un mare di lacrime, il film mi ha tramortito. Nel primo si fa uso di una penna così leggera e accorta da riuscire a rendere l’affilato tema del dolore delicato e tenero. Il film invece, vanta una recitazione coinvolgente in particolare per il personaggio della madre interpretato da Felicity Jones.
Nella narrazione Conor appare invisibile ad amici, professori, e familiari, nessuno gli parla, nessuno lo punisce o lo sgrida… secondo me questo aspetto andava messo in maggiore risalto nel film perché il bambino appare un po' troppo arrabbiato senza una spiegazione effettivamente valida per lo spettatore, al contrario nel romanzo si percepisce di più il senso di solitudine e di isolamento che lo attanaglia e che lo spinge a precise azioni che non spoilero.
Una cosa che manca nel libro sono i disegni di Conor, infatti, il personaggio non riesce a sfuggire dalla realtà se non grazie al mostro, contrariamente nel film il protagonista disegna e usa la fantasia per evadere, e non a caso le storie che gli racconta il tasso vengono deliziosamente narrate attraverso un’animazione ad acquerelli che mi ha richiamato alla mente i vecchi libri di fiabe che avevo da bambina: questi schizzi alla fine del film, tracceranno un ulteriore legame indissolubile tra madre e figlio.

“Gli umani sono bestie complicate, disse il mostro. Come fa una regina a essere al contempo una strega buona e una cattiva? Come fa un principe a essere un assassino e un liberatore? Come fa un antico semplicista a essere avido ma anche saggio? Come fa un curato a essere irragionevole e anche generoso? Come fanno gli uomini invisibili a diventare ancora più soli rendendosi visibili?”
Consiglio di leggere prima il libro e se è il caso di passalo anche ai propri figli, nipoti o cuginetti; poi di visionare il film tutti insieme con un mega pacco di pop corn!
Marty


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