sabato 31 dicembre 2016

IL LIBRO DEL MIO 2016


Insieme alla fine del 2016 è giunto il momento di nominare il libro dell’anno, il più bello, quello che mi ha insegnato tanto e mi ha coinvolto per vari motivi!

Sto parlando de “La scuola cattolica” di Edoardo Albinati!  Lo sto leggendo da luglio e l’ho terminato esattamente ieri pomeriggio. Il motivo per cui la lettura di questo libro è durata ben tre stagioni non riguarda esclusivamente il numero di pagine (1289!) ma piuttosto il tipo di scrittura, a tratti laboriosa, ed anche i temi trattati che hanno bisogno di esser digeriti o comunque meritano una riflessione. Albinati ci racconta della scuola cattolica che ha frequentato da ragazzo, dei suoi compagni e di come alcuni siano giunti a compiere efferati crimini, in particolare fa riferimento al Delitto del Circeo.
“Quindi in questo libro la storia principale quasi non si vede: le è cresciuta intorno la foresta dei dove, dei quando, dei come se, degli intanto, e i suoi protagonisti sono diventati non più i ragazzi al centro della triste vicenda, ma molti altri ragazzi non meno protagonisti, e le loro madri, le loro sorelle, i loro professori di scuola, i chitarristi e i batteristi che ascoltavano e i produttori delle moto che cavalcavano e gli architetti che progettarono le case in cui questi ragazzi abitavano e gli autori dei libri che li spinsero ad allearsi, ad accoppiarsi e ad ammazzarsi tra loro, e a isolarsi per cercare la verità, o a isolarsi per fuggirla.”
È un romanzo che ti risucchia, attira la tua attenzione di lettore con gli episodi, a tratti anche divertenti, sui professori, i compagni di classe e le famiglie, tutto ovviamente filtrato attraverso le sensazioni e i pensieri dell’autore stesso; ma a queste narrazioni alterna capitoli interamente basati su riflessioni filosofiche, etiche, morali ed anche pedagogiche che prendono ovviamente spunto dalle vicende stesse.
I temi trattati sono tantissimi impossibile da nominare tutti, cito quelli che mi sono parsi più interessanti: la religione cattolica, il divario tra bene e male, il crollo della famiglia, l’uomo e le sue relazioni con la donna ed infine la violenza in tutte le sue accezioni con un’oculata analisi dello stupro.
“Una volta avviata l’emancipazione femminile, non pochi hanno pensato che l’unica possibilità rimasta al maschio nei confronti della donna fosse di continuare ad opprimerla, ma in modo ancora più severo. […] Qualcuno ha creduto che nei confronti delle donne bisognasse, senza compromessi, tener duro. Resistere. […] Finché la forza fisica è stata decisiva per la sopravvivenza, l’uomo ha messo sotto la donna. Quando non lo è stata più, le donne hanno iniziato a emanciparsi, ma la supremazia fisica ha continuato a essere usata dai maschi per cercare di impedirglielo: sia come teoria generale sia come pratica manesca.”
A circa metà del libro stavo per mollare la lettura perché l’autore compie una lunghissima analisi della classe borghese in tutti i suoi aspetti affettivi, economici, sociali etc. etc. non nego che l’argomento fosse interessante ma dopo un po' mi ha annoiato, e allora perché ho proseguito?  Perché Albinati dimostra consapevolezza delle sue lungaggini tanto è vero che interagisce col lettore dimostrando e anche promettendo di arrivare al dunque.
“Mi state ascoltando? Sì? O siete stanchi? Volete poggiare il libro e dormire, restituirlo a chi ve l’ha regalato, farvi ridare indietro i soldi dal libraio? Bè, mi spiace. È troppo tardi per me, ma non per voi. Posso suggerirvi di saltare qualche capitolo e andare alla quinta parte che s’intitola Collettivo M. esatto, M, come il Mostro di Düsseldorf. Intanto io continuo ancora un po' a osservare sotto la lente la classe media. Chissà che non mi riesca di scovare i piccoli insetti che cercavo. La loro puntura causa effetti sorprendenti. Io stesso ne sono stato morso, e infettato, e spinto a quest’indagine ossessiva.                                                                 Se uno dice <fermati!>, continuo.
E infatti al dunque ci arriva, racconta degli avvenimenti del Delitto del Circeo, di tutti i ragazzi, ormai diventati uomini, coinvolti nel crimine; sono vivi? Sono liberi? Che cosa hanno fatto dopo? L’autore ci informa su tutto. La straordinarietà è che sebbene siano argomenti super approfonditi dalle cronache del tempo, Albinati sembra l’unico legittimo a poterli trattare e analizzare, perché coinvolto nella storia in quanto ha conosciuto i protagonisti della vicenda a scuola, ha frequentato i loro luoghi crescendo nello stesso quartiere  e anche perché abituato ad essere a contatto con i criminali grazie alla sua esperienza di insegnante carcerario.

Quello che mi è piaciuto di più di questo libro è che le persone del passato con cui c’è stata una relazione o anche una piccola conversazione, si rincontrano per caso, diverse o sempre uguali, e il bello è che l’autore ne rimane piacevolmente stupito ed io ho provato un po' di invidia perché mi piacerebbe rincontrare un giorno persone con cui non avrò più contatti e rimanere stupita e ricordare, invece di conoscere già tutti i loro accadimenti e cambiamenti grazie ai social!

Ho letto in giro che questo romanzo è stato chiamato il “Guerra e pace” italiano, non posso fare altro che concordare perché è rappresentativo degli usi e costumi, dei comportamenti e delle relazioni tipiche della nostra società non solo passata ma anche contemporanea. Unico appunto che mi sento di fare all’autore riguarda un piccolo capitolo dove enumera i termini andati in disuso di cui la maggior parte sono di uso comunissimo dalle mie parti; Edoardo, tutti sentiti almeno una volta tranne il giornale radio! ;)

Come sempre, buona lettura!

Marty

“In linea generale sopravvalutiamo il peso dello sguardo che si posa su di noi. Per insicurezza o vanità, si ritiene che gli altri non abbiano di meglio da fare che studiarci e valutarci, mentre il più delle volte passiamo alquanto inosservati. La quantità di aspettative, preoccupazioni e pensieri autoreferenziali che fanno tremare un uomo o una donna quando fa il suo ingresso in una sala affollata e si sente gli occhi puntati addosso, è normalmente sproporzionata all’interesso effettivo che suscita.”

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