venerdì 25 novembre 2016

L'UOMO DAL FOGLIO BIANCO




Fin da quando ho aperto questo blog ho sempre voluto parlare di un autore in particolare, ma ho continuato a rimandare perché non mi sento all’altezza per raccontare il suo genio e la sua creatività. Nei giorni passati mi sono ritagliata un po' di tempo e, facendomi coraggio, ho cominciato a scrivere per pubblicare oggi il post perché sarebbe stato il suo compleanno! È in assoluto uno dei capisaldi nelle mie letture forse perché grazie a lui ho cominciato ad appassionarmi ad altri generi: sto parlando
di Giorgio Faletti!
Come ho già detto negli articoli passati, sono convinta che i libri compiano magie; io questo autore non l’ho mai incontrato neanche mai visto di persona eppure mi ha sempre trasmesso una certa familiarità proprio come se fosse stato un amico.

Giorgio l’ho conosciuto così per caso, mia cugina aveva nella sua libreria “Io uccido”, non lo aveva letto e ha deciso di prestarmelo (ormai è diventato mio!). Non mi piaceva molto il genere giallo ma quel libro, anzi quel capolavoro, mi ha totalmente travolto sia per la storia intricata ma mai confusa che per la psicologia dei personaggi buoni, cattivi e anche controversi, ma soprattutto per il tipo di scrittura limpida, scorrevole ed allo stesso tempo con una vena poetica che, secondo me, è il punto che caratterizza di più Faletti!
“Se si concentra bene, riesce a sentire come se fosse accanto a lui la svisata di una mano agile sul manico di una chitarra elettrica, il suono rabbioso di un assolo che pare una corsa su per una scala che gira e gira e sale verso l’alto e sembra non avere mai fine.
Sente il brusio delle spazzole sul rullante di una batteria o il fiato umido e caldo di un uomo che si fa strada a fatica nell'imbuto tortuoso di un sassofono e come tale diventa una voce di umana malinconia, la fitta acuta del rimpianto per qualcosa di bello che si possedeva e che si è sbriciolato fra le mani, corroso dal tempo.
Può ritrovarsi seduto proprio nel mezzo di una sezione d’archi e sorvegliare da sopra la spalla il movimento rapido e leggero dell’archetto del primo violino o infilarsi senza sospetto fra le volute sinuose di un oboe o fermarsi a osservare dita dalle unghie curate che si agitano nervose dietro le corde di un’arpa come animali selvatici dietro le sbarre di una gabbia.”
 Da lì freneticamente ho cominciato a leggere tutti i suoi libri! Il rapporto si è consolidato con “Niente di vero tranne gli occhi” ed è continuato con “Fuori da un evidente destino” dove l’autore ha introdotto molti elementi appartenenti all’irrealtà che alcuni hanno criticato ritenendoli non adatti al genere thriller, ma per me sono stati costituenti aggiuntivi che hanno conferito maggiore poeticità  ad un genere basato di solito solo sulla narrazione dei fatti e null’altro.                                                                           Con “Io sono Dio” ho ritrovato lo stesso Giorgio che avevo conosciuto nel primo libro, stile coinvolgente, la storia che mantiene l’attenzione sempre viva e personaggi ben delineati a cui ci si affeziona istantaneamente e un elemento in più che è quello della riflessione.
Dopo aver letto di fila tutti questi libri ricordo che fu un dramma dover aspettare che ne uscissero altri, ero talmente presa da rileggerli, poi fortunatamente è uscita una raccolta di racconti “Pochi inutili nascondigli” che mi ha tenuta buona per un po' di tempo.


Dopo un anno dalla felicità che sprizza dal mio post su facebook, è uscito quello che sarebbe diventato il mio preferito fra i libri di Faletti, ossia “Appunti di un venditore di donne”. Secondo me questo libro rappresenta l’apice di scrittura di questo autore perché racchiude tutti gli elementi tipici delle sue storie: è tra i più appassionanti con un’ambientazione che appare reale e vivida agli occhi del lettore e poi il protagonista è perfetto perché ha il giusto grado di mistero ma allo stesso tempo si fa amare dopo le prime due frasi. LEGGERE PER CREDERE! 
“Io mi chiamo Bravo e non ho il cazzo.                                                                   Questa poteva essere la mia presentazione. Il fatto di andare in giro con un soprannome invece che con un nome vero e proprio non significa niente. Ognuno è quello che è, a prescindere dalle scie burocratiche che si tira appresso come le stelle filanti dopo un veglione di Carnevale. La mia vita non sarebbe cambiata di una virgola, qualunque nome avessi avuto da offrire insieme ad una mano da stringere. Niente di più e niente di meno. Non una salita o una discesa, non un braccio di mare calmo o agitato dove affannarsi o di cui rimpiangere l’affanno.”
 A settembre gironzolando tra gli scaffali della biblioteca comunale, ho visto il suo nome associato ad una copertina che non conoscevo ed è così che ho scoperto di un suo libro postumo, sono corsa in libreria, l’ho comprato e l’ho letto in un giorno col fiato sospeso! Si tratta de “La Piuma”, un libro completamente diverso dai precedenti, si riconosce la scrittura di Giorgio per la poeticità che lo caratterizza però non è un thriller; si tratta di una fiaba in cui si segue il percorso che traccia una piuma che nel suo cammino incontra vari personaggi ognuno con una particolare storia raccontata con piccoli sprazzi di conversazioni e gesti. Alla fine questa piuma viene notata da uno sguardo pronto a comprendere quello che gli altri personaggi non sono riusciti a capire.                                                                                                                                                Questo libro mi ha estremamente commossa perché mi sono immaginata Giorgio a pensarlo alla luce di una lampada e a scriverlo concentrato al computer e poi a lasciare il manoscritto in un cassetto socchiuso. Leggendo questa favola fino alla fine ci si rende conto che lui si sentiva pronto a volare per andare in posti lontani e sconosciuti ed è come se con il percorso di questa piuma abbia voluto raccontare il viaggio della sua vita e congedarsi con tanto di inchino dai i suoi lettori. Fino alla fine, un grande!


"L’aria si fa leggera
Ed arriva volando una piuma
Ma bianca da dire che c’era e non c’era
Da sembrare una falce di luna.
 L’aria si fa leggera
Quando ancor più leggera è la piuma
E mentre nel cielo non sembra sia vera
Rende vera ogni cosa e nessuna."
          



Nessun commento:

Posta un commento