venerdì 27 gennaio 2017

Una danza per ricordare davvero!

La Danza di Henri Matisse

Oggi è il Giorno delle Memoria, una ricorrenza istituita nel mondo intero per ricordare l'avvenimento più oscuro della nostra storia: lo sterminio di massa delle minoranze sociali considerate, senza alcun senso, inferiori al super uomo bianco dominatore! È l'episodio che rappresenta in toto il termine discriminazione, c'erano ebrei, zingari, vagabondi, antifascisti, Testimoni di Geova, omosessuali, migranti tedeschi antinazisti, insomma non si è risparmiato nessuno. Ripensando ad una così palese privazione di libertà di pensiero, di parola, di religione, di scelta ma soprattutto libertà di essere quel che si è, diventa automatico affermare che è necessario non dimenticare. Celebre è la frase di Primo Levi che dichiara:
"Se comprendere è impossibile, conoscere è necessario, perché ciò che è accaduto può ritornare, le coscienze possono essere nuovamente sedotte ed oscurate: anche le nostre."
Sicuramente tutti concorderanno con questa citazione, ma nei fatti che cosa stiamo facendo? A parte piangere davanti a un film/libro, postare foto o frasi belle sui social o ascoltare testimonianze, nei fatti ricordiamo? Si cerca di non ripetere gli stessi errori? Negli anni scorsi mi sono posta più volte queste domande e guardandomi intorno ho trovato NO grandi quanto muri. 

Sfortunatamente episodi di genocidio continuano a ripetersi, si è sviluppato l'ignobile terrorismo, dilaga a macchia d'olio il razzismo e l'ostilità verso il diverso (che poi da chi?). Questi sono gli accadimenti più ovvi che, a mio avviso, rimandano all'Olocausto perché sono irragionevolmente pieni di odio, di violenza ed assurdità. Ma alla fine basta coprirsi gli occhi, fare le orecchie da mercanti e in un battito di ciglia, si diventa come le SS, complici e colpevoli.

Secondo l'Alto Commissariato delle Nazioni Unite dei Rifugiati, circa 3800 persone nel 2016 sono morte nel Mar Mediterraneo, nel 2015 le vittime sono state 3780, nel 2014 3419 e il numero aumenta risalendo gli anni precedenti! Questo accade nella nostra nazione, ci riguarda in prima persona e nessuno se ne importa, addirittura in giro si sente dire:"Chi li costringe a farlo? Possono starsene a casa!" dimenticando che nel loro paese c'è la guerra e che forse non ce l'hanno neanche una casa. Si tratta di persone disposte ad affrontare la morte per inseguire una speranza di pace eppure la maggior parte degli Italiani e degli Europei non sono disposti ad immedesimarsi perché come sempre prevale l'egoismo di qualcosa che non ci appartiene.

Con queste parole non ho alcuna intenzione di fare lezioni di moralità spicciola, ma piuttosto mi auguro di poter riuscire a far cambiare idea a chi non è disposto all'accoglienza e di conseguenza non rende, a mio parere, giustizia alla Giornata della Memoria. A questo punto, come è ovvio che sia, ricorro all'aiuto dei libri che sicuramente sapranno essere più convincenti.

Il primo che consiglio è un romanzo di Margaret Mazzantini, "Mare al Mattino", dove vengono raccontate due storie parallele, una che descrive in maniera atroce il viaggio dei migranti, l'altra che tratta il tema del ritrovamento delle origini e di conseguenza la ricerca di sé stessi. In queste storie il mare uccide sia letteralmente, che allegoricamente perché separa dalla famiglia, dalle amicizie e dal lavoro, ma allo stesso tempo infonde speranza e fiducia perché è un mezzo che conduce alla serenità.
"Siamo invisibili al mondo ma non a Dio. Si spostavano con questo pensiero nel cuore." 
Per chi invece potrebbe contestarmi che il libro precedente sia pur sempre un romanzo d'invenzione e perciò inconsapevolmente filtrato dal pensiero dell'autrice, propongo la lettura di "Lacrime di Sale", un libro dove le giornalista Lidia Tilotta racconta la storia di Pietro Bartolo, medico di Lampedusa, che quotidianamente accoglie e cura, di conseguenza alla sua storia si intrecciano le violente vicende dei migranti e della loro determinazione a vivere.
"A volte penso di non farcela. Di non reggere questi ritmi, ma soprattutto di non reggere tanta sofferenza, tanto dolore. Molti miei colleghi, invece, sono convinti che ormai mi ci sia abituato, che fare le ispezioni cadaveriche per me sia diventato routine. Non è così. Non ci si abitua mai ai bambini morti, alle donne decedute dopo aver partorito durante il naufragio, i loro piccoli ancora attaccati al cordone ombelicale. Non ci si abitua all'oltraggio di tagliare un dito o un orecchio per poter estrarre il Dna e dare un nome, un'identità ad un corpo esanime e non permettere che rimanga un numero. Ogni volta che apri un sacco verde è come se fosse la prima. Perché in ogni corpo trovi segni che ti raccontano la tragedia di un viaggio, lunghissimo."
Magari in futuro tutti potremo vivere la Giornata della Memoria opponendoci con ogni singola cellula a qualsiasi forma di odio affinché non esista più l'inferiore ma solo la bellezza e la curiosità che si nasconde dietro all'unico.

Marty

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