lunedì 5 settembre 2016

Attimi di Beatitudine

Lucia Mondini, Sogno o Realtà

Da circa una settimana sono tornata dal campo scuola, un’esperienza di Azione Cattolica in cui ho accompagnato bambini che vanno dai sei agli undici anni ed il cui tema è stato spunto di riflessione non solo per loro ma anche per me. Attraverso la storia biblica di “Giuseppe e i suoi fratelli” più volte è capitato di dover parlare dei sogni e di come osare sognare riconoscendoli, realizzandoli per poi trasmettere la propria passione agli altri. Sembrerebbe un argomento bello tosto per dei ragazzini, ma ognuno di loro mi ha stupito dando una libera interpretazione del tema nella spontaneità che li caratterizza.
Tornata a casa ho rivolto uno sguardo alla mia libreria e ho pensato che alla fine tutte le narrazioni possono essere considerate l’esplicazione della realizzazione o meno dei sogni, quindi gli scrittori ne sono dei portatori. Se ne possono individuare diversi tipi… i più immediati sono quelli che riguardano la realizzazione del singolo e questi appartengono un po' a tutti: <cosa voglio fare da grande?>               La letteratura è piena di personaggi che sognano l’amore oppure un futuro migliore.  
                                                                                                                                                                       Esistono poi i sogni politici e faccio riferimento a personaggi come Martin Luther King, Malcom X, Nelson Mandela, John F. Kennedy, Arafat e la lista di nomi potrebbe ancora continuare con personalità ricostruttrici con l’idea di raggiungere una liberazione che è sinonimo di pace. Molti di questi sogni sono stati in parte realizzati, per altri la strada da percorrere è ancora lunga e piena di ostacoli, cito ad esempio Calamandrei che in un discorso all’assemblea costituente dice:   
“Essi sono morti senza retorica, senza grandi frasi, con semplicità, come se si trattasse di un lavoro quotidiano da compiere: il grande lavoro che occorreva per restituire all’Italia libertà e dignità. Di questo lavoro si sono riservati la parte più dura e più difficile; quella di morire, di testimoniare con la resistenza, la morte e la fede nella giustizia. A noi è rimasto un compito cento volte più agevole; quello di tradurre in leggi chiare stabili ed oneste il loro sogno: di una società più giusta e più umana, di una solidarietà di tutti gli uomini, alleati a debellare il dolore. Non dobbiamo tradirli.”                 
Abbiamo ancora sogni che parlano di riscatto, di libertà, di pace e tantissimi altri di cui i libri sono pieni! Pensando al sogno me ne sovviene uno in particolare intitolato “Le notti bianche” di Fëdor M. Dostoevskij, il protagonista è un sognatore e ad un certo punto nella sua vita irrompe la realtà con la figura di una ragazza… i due passano le notti a conoscersi a raccontarsi le loro storie ed i loro desideri.

“<E non faccio che sognare, ogni giorno, che alla fine, chissà quando, incontrerò qualcuno. Ah, se sapeste quante volte sono stato innamorato in questo modo!...>.                           <Ma come dunque, di chi?>                                                                                     <Ma di nessuno, di un ideale, di colei che mi appare in sogno. Io in sogno creo interi romanzi.>”

La storia di quest’opera ha poca importanza ciò a cui dà maggiore risalto l’autore sono i sentimenti dei personaggi in particolare del protagonista che vive la propria esistenza nostalgicamente perché confonde la realtà con i suoi sogni e quando si desta rimane sgomento e scontento perché consapevole della loro irrealizzabilità. Vi è l’eterno scontro tra ragione e fantasia, cosa fare? Continuare a vivere in solitudine ma con l’illusione che temporaneamente ci rende felici? O crearsi una vita, realizzarsi professionalmente, farsi degli amici e rinunciare alla libertà dell’immaginazione?

“Ora a stento egli nota la strada per la quale prima la minima piccolezza poteva colpirlo. Ora la dea della fantasia ha già iniziato a tessere con mano capricciosa il proprio ordito d’ora ed è andata a svolgere davanti a lui i ricami di una fantastica e bizzarra vita – e, chissà, forse, lo ha trasportato con la mano capricciosa al settimo cielo cristallino dal magnifico marciapiede di granito su cui se ne va a casa. Provate a fermarlo ora, chiedetegli d’improvviso dove si trovi e quali strade abbia percorso, - probabilmente non ricorderebbe niente, né il luogo dove è passato, né quello dove si trova ora, e, rosso per il dispetto, vi direbbe certamente una bugia, per salvare le apparenze.”

Quando il protagonista incontra Nasten’ka, incarnazione della ragione, pensa di poter realizzare le proprie fantasie o quanto meno di poter cominciare a vivere normalmente.                                                   Ma…

“Un monaco incontrò un giorno un maestro zen e, volendo metterlo in imbarazzo, gli domandò: <Senza parole e senza silenzio, sai dirmi che cos’è la realtà?> Il maestro gli diede un pugno in faccia.”

Certo la visione dell’autore è un po' pessimistica perché in entrambi i casi condanna il sognatore ad un’esistenza cupa e triste. Tuttavia io sono convinta che per il protagonista del libro e per tutti noi, sia meglio condurre un’esistenza da sognatori perché altrimenti che cosa siamo? Che senso avrebbe tutto? Mi riferisco al mondo dell’immaginazione come anche alla vita quotidiana (porsi degli obbiettivi): viviamo per sognare e talvolta la realtà ci regala “Un intero attimo di beatitudine! Ed è forse poco seppure nell'intera vita di un uomo?”
Come sempre buona lettura,
Marty
                                                               
                                                                                                                                                   

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